Come superare l’inflazione del 2023.
Ad inizio anno, le grandi banche internazionali si esercitano nell’individuare quali saranno gli investimenti più interessanti e redditizi nei successivi 12 mesi. Da un punto di vista finanziario, il 2023 si apre con gli stessi interrogativi presenti alla fine del 2022 e che riguardano l’esito della guerra tra Russia e Ucraina, il prezzo del gas, l’arrivo o meno di una recessione e il conseguente calo dell’inflazione.
Il rumore di fondo però ci distoglie dai grandi movimenti ciclici, capaci di incidere significativamente sulla nostra prosperità e libertà futura.
Ci sono alcuni aspetti, a prescindere dalle previsioni astrologiche sui mercati finanziari, su cui vale la pena soffermarsi e la prima riflessione è questa: con un tasso di inflazione al 9,2% e un tasso medio di rendimento dei titoli di stato dell’area euro al 2,36% (fonte https://www.ecb.europa.eu/stats/html/index.it.html) ci guadagna il creditore (cioè il risparmiatore) o il debitore (cioè lo Stato)?
Ci guadagna il debitore/Stato, in quanto le sue entrate (costituite dalle imposte) crescono in proporzione all’aumento dei prezzi e nel contempo le sue uscite (costituite dagli interessi) rimangono fisse, inferiori all’inflazione di quasi 7 punti percentuali.
Questo meccanismo sgonfia l’ammontare del debito in modo silenzioso, ma doloroso per chi detiene dei risparmi.
Che fare allora?
La prima idea potrebbe essere quella di indebitarsi a tasso fisso e impiegare questo capitale in forme di investimento (esempio immobili) con rendimenti indicizzati all’inflazione.
La seconda idea è prendere in esame settori/aree che nel medio lungo termine beneficeranno di un altro cambio di paradigma in atto, quello del progressivo ma affrettato abbandono delle fonti fossili da parte dei paesi occidentali, in particolare quelle di origine russa. Si tratta di una transizione ad alta intensità di materie prime (pensiamo ai minerali che compongono le batterie elettriche per auto) e per sua natura inflazionistica, dovendo acquistare a prezzi più alti ciò che prima era a buon mercato.